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DIARIO DI VIAGGIO: Il caposcalo che usa il linguaggio universale

"Il treno Alta Velocità per Bari arriverà con 40 minuti di ritardo per treni precedenti sulla linea”. Boh, ma che significa precedenti? Hanno sbagliato e hanno messo sul binario un treno che doveva partire dopo? Le comunicazioni degli altoparlanti nelle stazioni italiane ricalcano per chiarezza gli oracoli della Sibilla Cumana. Vanno interpretati nella loro causa, in ogni modo il risultato è chiaro: prima di 40 minuti il Freccia Argento non spunterà all'orizzonte.

Così ne approfitto per fare quattro passi fuori della stazione. La maestosa Reggia di Caserta illuminata in una giornata di sole è una visione rilassante. Ma, appena uscito, sento un parlare in inglese e una voce roca che intervalla le domande con un “Vuott, vuott. Io non vi capisco”. Il tutto proviene dalla biglietteria dell'Air Campania, azienda di trasporti che, a dire il vero, sta facendo notevoli progressi nei servizi offerti ed ha migliorato di molto rispetto a prima. Anche perchè il prima era praticamente il nulla. Mi avvicino e mi rivolgo all'addetto allo sportello: “Guardi che vogliono sapere dove possono prendere un bus per San Leucio e Casertavecchia”. “Eh l'avevo capito ed è mezz'ora che gli sto dicendo che devono chiedere al caposcalo che sta lì alla fermata, ma questi sono stranieri, non capiscono”.

Il mio inglese non è da certificati Oxford ma tra qualche corso, reminiscenze scolastiche e un po' di pratica riesco a dire alle due coppie di anziani americani che bisogna chiedere un po' più in là, al tizio che sovrintende alla fermata dei bus. Se attendono ci vado io, tanto non ho altro da fare che guardare i binari. Faccio circa 50 metri e mi ritrovo in un caos totale dove (il terminal bus in effetti non esiste) un tizio con dei fogli in mano si sbraccia e urla ai conducenti dei bus per farli accostare, fermare, partire. “Scusi, scusi...” Ma lui non mi da retta e urla: “Pasca' azzeccat cca'”, E un enorme bus, docile come un elefante guidato dal domatore, passa tra altri mezzi sfiorandoli e si ferma. “Ahooo, fatte aret”. L'urlo questa volta è più possente, perchè il conducente dell'altro bus continua ad avanzare. Camminare in strada tra auto che scansano i bus, i bus che scansano le auto e il caposcalo che urla è impresa ardua. Ma ad un tratto, con somma sorpresa, mi giro e vedo i quattro turisti anziani che mi seguono trascinandosi i troller, “No, no, tornate in stazione vengo io da voi”. Ma non mi stanno a sentire e mi restano appiccicati. Finalmente il caposcalo si ferma, mi guarda e dice: “Ma che state affa cca, che vulite?”. “Veramente in biglietteria mi avevano detto di chiedere a lei, questi turisti americani dovrebbero andare a San Leucio e a Casertavecchia”. Il caposcalo mi supera senza dirmi altro. “Affronta” i turisti e gli dice: “San Leucio ata i a allà, Casertavecchia ata i acca'.” Poi in rapida successione indica con le dita delle due mani il numero 8 e se ne va. Miracolosamente gli americani vanno a posizionarsi davanti al bus giusto. E il più arzillo del gruppetto in bermuda e t-shirt mi saluta con un sorriso e un accento gutturale. “Milla krazie”. Miracoli della comunicazione non verbale.                                                

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Un treno trasporta varia umanità, me compreso, che quasi quotidianamente copro il tragitto Caserta-Benevento-Caserta. Due volte al giorno, solo 45 minuti con l'Alta velocità in genere (ma tra ritardi, rallentamenti, stop forzati, i tempi non sono mai tali). Questo Diario di viaggio vuole raccontare di tale umanità. E il tutto è lasciato al caso perchè, ogni volta, ho un numero di prenotazione che mi assegna questo o quel compagno di viaggio. In fondo un treno e solo un mezzo per un viaggio nel viaggio: la vita.