featured image

DIARIO DI VIAGGIO: 'Ahoooo, prontoooooo...qui non si sente un c...'

Lo squillo del telefonino è da Urlo di Munch, perfora i timpani e ti lascia una sgradevole sensazione per qualche secondo. E' un presagio che noi tutti non siamo ancora in condizione di interpretare, e quindi, al momento, non ci viene in mente l'unica soluzione possibile: cercare posto in un'altra carrozza. Per adesso, già al primo squillo lancinante, ci voltiamo tutti verso di lui, compresi i poverini che si erano assopiti e quindi sobbalzano all'improvviso. Eccolo il “nostro”, esordisce ad alta voce: “Gaetano, passammillo a chistu piecuro”. E' l'incipit, solo l'esordio di una delle tante telefonate private “urlate”. In verità sono telefonate che nascono private e diventano immediatamente pubbliche, non si può far a meno di ascoltarle. La voce del troglodita armato di smartphone sovrasta anche la signorina del messaggio di cortesia diffuso dagli altoparlanti del Tav: “In caso di reclami è possibile visitare la pagina www.trenititalia.it e compilare il modulo...”. Se se, il modulo. La telefonata continua e, siccome la voce del “nostro” acquista decibel in maniera proporzionale alla sua incazzatura, noi sfortunati compagni di viaggio abbandoniamo ogni altro pensiero. Ci scambiamo sguardi interrogativi, chiedendo aiuto l'uno all'altro per cercare di capire ci cosa sta parlando. Perchè l'accento e il dialetto che usa offre alla nostra comprensione due parole su dieci e di solito sono quelle più volgari. Urla di contrattazioni di cose commerciali: “Ci posso fare una pedana a 1,80 (improperio incomprensibile). Oheee, oheeee allucca più forte qui non si sente un c...(e grazie il treno è in galleria). Ti aggio chiammato ciento vote e non mi rispunni, si peggio e na' femmina...”. Termina una telefonata e subito compone un altro numero. Se l'interlocutore non risponde (e chi lo farebbe consapevolmente), o digita in maniera compulsiva o sente musica dallo smartphone al massimo volume e sbatte anche il piede a terra per portare il ritmo. Pure la musica che ascolta è incomprensibile nella melodia e nel testo, provo con il mio smartphone a intercettarla con Google per vedere di cosa si tratta. Google si rifiuta di darmi risposte, neanche lui ci vuole avere a che fare. Nel frattempo il “nostro” trova il tempo di sbuffare e borbottare “Mannaggia ccà, managgia là”. Finchè qualcuno risponde “Ahooo, hai capito che ci dobbiamo vedere alle 4. Cheee non puoi venire alle 4, e che te ne fotte. Mica ce l'ha ordinato il medico che dobbiamo andare alle 4. A isso aggio ritto è quattro. Tu vai quando c...vuoi, tanto aspetta”. La lezione di stile e professionalità sul lavoro (qualsiasi esso sia) strappa un sorriso a noi tutti, fino a quell'istante indecisi se ridere o piangere. Ma proprio in quel momento la svolta tanto sperata. Fa un'altra telefonata urlata: “Ahoo, sto arrivando, il treno fa dieci minuti di ritardo. Ehh aspetta, non fare la smaniosa che ti lascio a piedi”. Deve essere qualcuno che lo viene a prendere alla stazione, la moglie, la figlia, comunque una Santa Donna di certo. Raccoglie le sue cose. Ha un piccolo troller, una busta di plastica con pacchetti di dolci, e un beauty case da donna. Lo apre, ne estrae un portafoglio che si mette nella tasca del jeans. Non ho mai visto un uomo usare così un beauty case. Ma è finita, noi tutti ci rilassiamo mentre, dal finestrino lo vediamo impugnare di nuovo lo smartphone e gesticolare urlando lungo il binario. Gli altri passeggeri che vanno nella stessa direzione lo osservano e a me, anche se non lo sento, rimbomba ancora in testa la sua voce: “Ahoooo...”.                                  

                                                     000000000000000000000000000000000000000

Un treno trasporta varia umanità, me compreso, che quasi quotidianamente copro il tragitto Caserta-Benevento-Caserta. Due volte al giorno, solo 45 minuti con l'Alta velocità in genere (ma tra ritardi, rallentamenti, stop forzati, i tempi non sono mai tali). Questo Diario di viaggio vuole raccontare di tale umanità. E il tutto è lasciato al caso perchè, ogni volta, ho un numero di prenotazione che mi assegna questo o quel compagno di viaggio. In fondo un treno e solo un mezzo per un viaggio nel viaggio: la vita.