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DIARIO DI VIAGGIO: Gli anziani e la confusione digitale

Nelle stazioni ferroviarie italiane ci sono, più che altrove, vestigia di antiche forme di comunicazione ormai desuete. Osservandole, chi ha già accumulato un po' di anni, non può fare a meno di ritornare con la mente al passato, spesso con nostalgia. Ma si tratta di cose assolutamente inutili e che creano, a volte, anche confusione. Un esempio lampante è costituito dai tabelloni cartacei con le Partenze e gli Arrivi che, di solito, sono custoditi in apposite bacheche. Ve li ricordate? Magari quando andate in stazione, dopo aver consultato a più riprese lo smartphone oppure guardato i vari tabelloni elettronici, non fate nemmeno più caso alla loro presenza. Vi rinfresco io la memoria. I tabelloni con gli orari ci sono, giallo pagliarino quello delle partenze e azzurrino quello degli arrivi. Resistono ai tempi. Erano lì quando si sono mosse le prime locomotive a vapore, sono lì ora che sfrecciano i treni ad Alta Velocità (quando non sono rallentati da 280 minuti di ritardo). Il punto è, però, che nessuno li guarda o li consulta. Come i telefoni pubblici per strada (che stanno ora iniziando a rimuovere) dove, da decenni, nessuno ha più alzato la cornetta, visto che siamo h24 connessi con almeno due telefoni cellulari, un pc e un tablet.

Considerato tutto questo, l'altro giorno, sono rimasto colpito dal fatto che, attraversando la stazione, ho visto un signore anziano davanti ad uno di questi tabelloni. Quello delle partenze per la precisione.

Non mi sono meravigliato, ho sorriso, pensando che almeno una persona in un anno faceva uso di quel residuo del passato ormai remoto. Poco dopo, giungendo al mio binario, ho letto la fatidica comunicazione sul tabellone: “Treno Alta Velocità 6323...20 minuti di ritardo”. Dovendo attendere ho rivolto di nuovo lo sguardo, attraverso la stazione deserta, verso l'anziano che consultava il tabellone (alle 21 dei giorni feriali alla stazione di Benevento ci sono solo io, due piccioni, un cane e una coppia di vecchietti che vengono a sedersi dopo cena su una panchina del binario 1).

Il primo anziano era ancora lì, con la mano sembrava accarezzare il tabellone. L'ho osservato per dieci minuti e continuava a restare lì sfiorando con la dita il vetro sotto il quale è custodito l'orario ferroviario cartaceo. A questo punto, l'ho raggiunto, pensando avesse bisogno di aiuto nella comprensione delle tabelle orarie. Lui, prima che potessi profferire verbo mi ha anticipato: “Giuvinotto, assa fa a Maronna, cà nun ci sta nisciuno, comm cazz si spremm stu coso”. Guardando bene ho notato che non accarezzava il vetro ma, con l'indice il pollice, continuava ad allargare e stringere come si fa su un monitor digitale per ingrandire la scrittura o l'immagine. A questo punto ho capito: aveva scambiato il vetro per un pc da muro! E da almeno una ventina di minuti ripeteva l'operazione, senza riuscire ad ingrandire e quindi a leggere da quale binario partiva il suo treno. Quando gli ho svelato l'arcano, dicendo che quello era un tabellone non un pc si è asciugato il sudore e ha imprecato (questa cosa non si può scrivere anche perchè non saprei farlo né nel suo dialetto né saprei compiutamente tradurla in italiano). Poi con un sorriso amaro sulle labbra ha inforcato gli occhiali ed esclamato: “Cazz...allora meva mettere solo è lent”.

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Un treno trasporta varia umanità, me compreso, che quasi quotidianamente copro il tragitto Caserta-Benevento-Caserta. Due volte al giorno, solo 45 minuti con l'Alta velocità in genere (ma tra ritardi, rallentamenti, stop forzati, i tempi non sono mai tali). Questo Diario di viaggio vuole raccontare di tale umanità. E il tutto è lasciato al caso perchè, ogni volta, ho un numero di prenotazione che mi assegna questo o quel compagno di viaggio. In fondo un treno e solo un mezzo per un viaggio nel viaggio: la vita.