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DIARIO DI VIAGGIO: La mascherina non ci salva dal razzismo

Il Covid è stato una iattura, un incubo da cui solo il tempo potrà liberarci, ma in qualche modo ha messo a nudo alcuni aspetti dell'animo umano. Anche quelli non proprio edificanti. Ne ho avuto la riprova oggi, durante il mio solito tragitto, Caserta-Benevento-Caserta ad Alta Velocità, si fa per dire. La viaggiatrice tre file avanti a me è difficile non notarla. Anche perchè due stupendi ragazzini di colore con i genitori sono sui sedili affianco a lei e cantano canzoncine in inglese che attirano sorrisi e l'attenzione di noi tutti.

Comunque lei, in un intero vagone, è l'unica con la mascherina. Niente di male, ogni tanto si incontra qualcuno che la usa, anche se sembra che, ora, almeno il Covid, non rientri tra le nostre primarie preoccupazioni sanitarie. Ma lei, circa 50 anni, vestita con sobrietà, espressione seriosa, è ligia al suo proposito. Non si toglie la protezione nemmeno per un attimo, nemmeno quando il treno si ferma per i soliti 5 minuti per dare la precedenza ad un altro convoglio. Nemmeno quando i minuti diventano 20 e il condizionatore si blocca.

Così, giunto a destinazione, quando mi ritrovo la signora davanti all'ascensore, libera finalmente della protezione, le cedo il posto e non mi azzardo ad entrare con lei. Ma, con mio sommo stupore, blocca la porta e mi fa cenno di accomodarmi. A questo punto la domanda sorge spontanea: “Scusi ma lei ha viaggiato con la mascherina e ora che non ce l'ha, mi fa entrare in una scatola di vetro chiusa dove si respira la stessa aria?”. La risposta è sorprendente: “Mica ce l'ho con lei, si vede che lei è una persona perbene”. E io di rimando: “La ringrazio per la stima, ma che cosa c'entra? Lei con la mascherina si protegge dai virus o da scippatori, molestatori e quant'altro”. “Ovviamente dai virus, dai microbi e dalle malattie infettive..., sono stata cinque ore in treno con tanta gente e non ho mai tolto la mascherina, infatti.” è la replica. “E cosa aveva quella gente di diverso da me?”. “Alcuni non mi convincevano, non mi sentivo tranquilla”. A quel punto la conversazione ha preso una piega della serie “voglio vedere questa dove vuole arrivare”. E quindi, usciti dall'ascensore, le chiedo ancora: “ Ma secondo lei le malattie infettive distinguono da persona a persona? Scansano le persone perbene, ammesso che io lo sia, o, per una sorta di Livella patologica, infettano e purtroppo uccidono tutti coloro che hanno la sventura di venire a contatto con il virus?”. “Ma perchè mi dice queste cose, mica ha qualcosa lei è non me lo ha detto?”. “Si qualcosa ce l'ho, sono allergico e spero davvero che questa malattia sia molto infettiva...” e mentre leggo la preoccupazione impadronirsi del suo volto aggiungo: “sono allergico al razzismo...”.