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DIARIO DI VIAGGIO: La signora bella da tanto tempo

E' una signora bella da tanto tempo, penso che avrà sui 70 anni, capelli lunghi completamente bianchi. Occhi azzurri, curata. La lotteria della prenotazione me la fa capitare di fronte e lei, appena mi siedo, è pronta a spostarsi sul sediolino affianco, per non trovarci a dover incrociare le gambe. Lo faccio prima di lei, mi ringrazia con un sorriso. Guarda dal finestrino lo scorrere dei filari di viti alle pendici del Taburno, guarda con serenità a tratti con compiacimento. Non ha lo smartphone a portata di mano, forse ce l'ha nella borsa, il che vuol dire che non gli da l'importanza maniacale che gli attribuisce l'80 per cento della popolazione mondiale.

Le leggo nel pensiero la domanda e le rispondo: “Falanghina, sono vigneti di Falanghina”. “Si lo conosco è uno dei vini campani, ma quello è il Matese? Non ho mai fatto questa tratta”. No, non lo è, è il Taburno, il Matese è dall'altra parte del treno ma da qui non si vede. Si alza: “Mi dà un occhio alla borsa, la lascio qui”. Abbiamo scambiato due parole e si fida. O è avventata o ha imparato a conoscere le persone, per lavoro, per esperienza, per le vicende della sua vita. Non è molto loquace, quando torna apre una vaschetta con del cibo, io non la disturbo, anzi penso di trasferirmi sull'altra fila per non esserle di imbarazzo. Ma lei non si imbarazza, mangia composta e ogni tanto sorride. Per sapere qualcosa di lei devo chiedere, voglio capire di cosa si occupa, da dove viene, dove va. Sono un umanista, la mia curiosità per le persone è smisurata, e quindi mi riallaccio alla sua frase precedente “non ho mai fatto questa tratta”. Il suo accento è leggermente romano quindi: “Viene da Roma?”. “Si vengo da Roma e scendo a Lecce, lavoro al ministero dell'Ambiente, scendo giù per un convegno”. Mi sorprende, mi dice molto più di quanto le avevo chiesto, ha l'aspetto di una donna colta e intelligente. Penso che lo abbia fatto per evitare altre domande da parte mia. Invece parla, parla senza che io chieda, mi racconta del suo lavoro, del fatto che non le piace spostarsi da Roma, che è faticoso far comprendere alle istituzioni locali quando sia importante difendere l'ambiente con i fatti, non con le parole. Il treno entra in galleria, subito dopo c'è la stazione di Benevento e io devo alzarmi per recuperare la bici pieghevole che il capotreno mi ha fatto lasciare vicino alla porta, con l'impegno di prenderla prima che il treno si fermi. Ho appena il tempo di dirle “Buon viaggio”. Lei risponde con un sorriso, torna con lo sguardo oltre il finestrino ed io ho la sensazione che continui a dire a se stessa quello che avrebbe voluto dire ancora a me.

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Un treno trasporta varia umanità, me compreso, che quasi quotidianamente copro il tragitto Caserta-Benevento-Caserta. Due volte al giorno, solo 45 minuti con l'Alta velocità in genere (ma tra ritardi, rallentamenti, stop forzati, i tempi non sono mai tali). Questo Diario di viaggio vuole raccontare di tale umanità. E il tutto è lasciato al caso perchè, ogni volta, ho un numero di prenotazione che mi assegna questo o quel compagno di viaggio. In fondo un treno e solo un mezzo per un viaggio nel viaggio: la vita.