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Il virus, il mezzo e il fine

Oggi domenica le strade sono piene di persone, i bar pure, i ristoranti anche. Ed è una bella cosa, soprattutto perchè siamo bersagliati di notizie di chiusure imminenti, totali, quasi totali, tra regioni, tra province, tra quartieri e condomini. Da noi in Campania, finora, bisogna rientrare a casa alle 23 e i bar e locali chiudono alle 18. L'uomo ha una caratteristica che lo contraddistingue rispetto agli altri esseri viventi: la capacità di adattarsi a tutti gli ambienti e tutte le situazioni. Quindi ci siamo adattati, ma il guaio è che, in molti casi continuiamo a fare esattamente quello che facevamo prima ma in orari diversi. Ossia andiamo al bar e stiamo uno sull'altro, andiamo al ristorante e protestiamo perchè ci devono mettere tutti insieme a gruppi di 10 e 15 (siamo tutti amici...oppure abitiamo tutti vicino, tra le scuse più ridicole), facciamo la movida alle 16 del pomeriggio nel vicoletto con il bicchiere in mano e appiccicati a 20 centimetri senza mascherina, come prima. Confondiamo, ossia, il fine con il mezzo. Il fine di queste limitazioni alla nostra libertà è di rendere la vita più difficile al virus. Il virus non ha gambe e braccia, entra dentro di noi e vive con noi per poi trasferirsi ad un'altra persona, se non stiamo attenti. Ebbene il fine delle limitazioni alla libertà che ci sono imposte è di limitare i contatti e quindi il diffondersi del virus. Se ci ammassiamo al bar alle 17,30 invece che alle 2 di notte non cambia esattamente nulla. Il problema è che, mai come in questo momento, chi emana ordinanze e decreti non spiega a cosa servono. E se non facciamo capire ad una persona che è utile e necessario per lei comportarsi in un certo modo (vale sia per i giovani sia per gli anziani) l'imposizione e la sanzione non servono a molto.  Se non a ritardare la chiusura totale (come odio sta parola lockdown).