
L'App Immuni, una favola digitale
La dico subito e la dico tutta. L'App Immuni non serve a nulla.
O meglio
non serve a contenere l'epidemia di Coronavirus. Magari, anche se
fornita gratuitamente al governo italiano, servirà a chi l'ha creata, e "piazzata", a farsi un bel pò di pubblicità ed avere
accesso a migliaia di smart phone di cittadini italiani.
Ammetto
che sono prevenuto nei confronti dell'azione "salvifica"
delle App. Ne ho viste troppe, da quella che, registrando colpetti su
un cocomero, dice se è maturo, a quella che ci fa il check-up completo
senza bisogno di andare dal medico. La colpa, se tali applicazioni
risultano fallimentari, non è comunque degli sviluppatori o
venditori, ma di noi che le usiamo. La delusione è sempre figlia
dell'illusione. E noi che cerchiamo ormai scorciatoie a tutto,
volendo velocemente illuderci di sapere tutto e disquisire su tutto,
riteniamo che un'App, con un paio di clik, possa sostituirsi a ore
trascorse sui libri, anni di lavoro duro per imparare un mestiere,
decenni di esperienza per conoscere le persone etc. etc. In realtà
un'App è semplicemente uno strumento, un mezzo che richiede perizia
e competenza da parte di chi la usa per raggiungere uno scopo. E per raggiungere tale obiettivo dobbiamo tenere un comportamento che non
può essere disgiunto dal cervello, organo che, purtroppo, dovremmo
continuare ad usare con fatica ed umiltà.
Ma torniamo ad Immuni e cerchiamo di capire come funziona (nel video sottostante una scheda sintetica). In sostanza registra i dati sanitari del possessore dello smart phone e, con il bluetooth, memorizza gli identificativi di tutti gli smart phone con cui il possessore del primo dispositivo è stato in contatto. Per cui, quando il primo soggetto si ammala, verificando le persone che ha incontrato a meno di un metro, si risale a tutti gli altri.
Perchè non serve: 1) anche se con lo smartphone andiamo ovunque, non è detto che titolare dello stesso e possessore coincidano sempre 2) un soggetto asintomatico (e oggi il maggiore rischio è quello) può andare in giro per tutta l'Italia con il suo smart phone in tasca a infettare tutti senza che nessuno lo sappia 3) nel momento in cui viene accertata la positività di chi ha aderito ad Immuni bisogna "tamponare" centinaia di persone che sono passate ad un metro da lui negli ultimi giorni. E questo vale per tutti coloro che sono risultati positivi in quel giorno. Decine di migliaia di tamponi al giorno che il nostro sistema non è in grado di fare e soprattutto non fa velocemente. Senza contare che in moltissimi casi è uno sforzo inutile perchè, per fortuna, essere a meno di un metro da un contagiato non vuol dire automaticamente contagiarsi. 4) L'adesione a Immuni è volontaria e occorre che almeno il 60% della popolazione italiana accetti di aderire al tracciamento perchè ci sia qualche risultato (moltissimi non aderiranno per paura di essere controllati e monitorati nella loro vita privata e nel loro lavoro).
Ma se le cose stanno così e si mostrano a noi con una tale disarmante evidenza, come mai continuiamo a contrastare l'uso di Immuni solo perchè sarebbe un attentato alla privacy? Semplicemente perchè la più grande delle nostre illusioni digitali è che, dopo aver trascorso la giornata a smanettare sui social, fare ricerche su Google, usare carte di credito, telepass, e quant'altro, esista ancora la privacy.