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Short story: il Napoletano e il mobile Ikea

Questo è un post insolito, un breve racconto. Forse l'incipit di un libro...se vi piace fatemelo sapere

Manuale napoletano su come montare un mobile Ikea

Montare un mobile Ikea è un atto contro natura per un napoletano. Si scontrano due mondi, due concezioni della vita, due filosofie di pensiero. Da una parte c'è la perfezione frutto della ripetitività, dell'ordine, dell'organizzazione. Dall'altra c'è l'improvvisazione, la ribellione ad ogni regola, la fantasia, la passione.

Non a caso questi due universi sono nati e prosperati ad una certa distanza tra loro. Stoccolma dista da Napoli 2.746,4 chilometri. Ossia 3 ore mezza in aereo, 31 ore in auto, 152 ore in bicicletta, 520 ore a piedi (questo lo precisiamo a beneficio degli svedesi che leggono).

Ma il percorso Napoli-Stoccolma è molto più distante perchè il napoletano concepisce il viaggio come una destinazione in sè, lo svedese invece come lo sforzo unicamente concentrato al raggiungimento della meta. Il Napoletano non partirebbe mai alle 9,04 ma “verso le nove”, non sceglierebbe mai il percorso più “intelligente” suggerito dal navigatore, ma quello più “sfizioso”. Magari facendo qualche deviazione (anche di 200 chilometri) per andare a trovare lo zio o il cugino che vive in Germania, in Danimarca, in Olanda: “Non sia mai viene a sapere che eravamo da queste parti e non lo siamo andati a trovare. Si piglia collera”.

E siccome il napoletano ha nostalgia del caffè, fatto con la sua acqua, appena varcato il confine regionale con il Lazio. Si aspetta che a casa dello zio in Germania, in Danimarca, in Olanda lo accolga un bel piatto di pasta al sugo e na' tazzulella con le tre C (comm' cazz' coce). E, miracolosamente, così avviene.


Ma anche il rapporto con “google maps” o le applicazioni consimili disponibili sugli smartphone, a Napoli, è del tutto originale. Sia ben chiaro il napoletano ce li ha tutti. Sono scaricati sullo smartphone di ultima generazione e, in auto, c'è l'apposito alloggiamento per avere sott'occhio la riproduzione grafica del tragitto con le indicazioni e la voce digitale della più sexy “navigatrice” al mondo (c'è anche la versione in dialetto: va riritto...gira abbasc' o vico...vota acca').

Ma, dopo che si è munito di tutta questa attrezzatura il Napoletano, quando gira in auto per Napoli, ed è incerto sulla strada, sente dentro di se una forza impetuosa che gli suggerisce di fare di testa propria. E' a questo punto che abbassa il finestrino e chiede al primo passante che gli capita a tiro: “Scusate, per andare in via...”. E lì trionfa Napoli. Perchè il passante si ferma e gli dice di rimando: “Ahe' ma vui state proprio a nata parte e Napol', ricite a verità iate pure vui appress a stu cazz' e navigatore”. “Ma no, io u' teng' accussi per fa vede'. Ricite ricite, addo' aggia girà'. Ormai il miglior teatro del mondo, quello della strada, ha aperto il sipario, e mentre automobilista e passante “finiscono a parenti”, dietro si forma una gioiosa, strombazzante fila di auto.

Tutto quello che vi scrivo può sembrare fuorviante rispetto al montaggio del mobile Ikea, motivo per cui siamo qui, ma non lo è. Il confronto tra il mobile Ikea e il Napoletano non può essere capito fino in fondo se non si prova a capire qualcosa del Napoletano. Per quanto riguarda il mobile Ikea non c'è niente da capire, perchè gli ingegneri che li hanno concepiti sono perfetti, basta seguire le istruzioni alla lettera. Anzi meno si prova a capire meglio è. Ma di questo parliamo dopo.

Il tema del navigatore satellitare mi riporta alla memoria un aneddoto che ci aiuta a meglio definire la siderale distanza tra il Napoletano e lo svedese che ha concepito il mobile Ikea.


C'è stato un anno in cui ho svolto la funzione di assessore tecnico alla cultura, alla pasta e al vino al Comune di Gragnano. Il Comune aveva un dipendente che, all'occorrenza, svolgeva anche il compito di autista. Per il resto faceva l'apicoltore e tante altre cose che non riesco a ricordare tutte. Dopo un po' di mesi mi accorsi che l'autista era un po' risentito con me perchè io ero l'unico, tra gli amministratori, che non usufruivo dei suoi servizi. Dovunque dovevo, per ragioni di ufficio connesse all'assessorato, ci andavo con i mezzi pubblici. Ma una volta lui era così entusiasta per aver montato il navigatore satellitare sull'auto che, dovendo andare a Roma, non mi sentii di dirgli ancora una volta che avrei preso il treno. Partimmo da Gragnano “verso le nove” e tutto filò quasi liscio fino all'uscita dal Raccordo Anulare (salvo tre soste all'autogrill in cui immancabilmente lui incontrava dalle due alle 10 persone che conosceva). Quando imboccammo lo svincolo verso il centro disse: “Assesso', vedete i cartelli, Salaria-Salario, Tuscolana-Tuscolano, Casilina-Casilino. Ricordatevi sempre che quando sono femmine vi portano a casa, quando so maschi vi portano a Roma”. Non afferrai subito, ma poi capii. Effettivamente una delle ragioni per cui a Roma ci si perde sempre è perchè ci sono cartelli stradali identici che indicano direzioni opposte a seconda che finiscono in “a” o in “o”. Quelli “femminili” con la “a” ad esempio Casilina, indicano l'imbocco per la strada, quindi la direzione fuori Roma. Quelli “maschili” con la “o” indicano il quartiere, ad esempio Casilino, che ovviamente è sempre verso il centro di Roma.

Semplice e geniale. Pensai che quell'uomo non aveva bisogno del navigatore. E invece mi sbagliavo. Poco dopo, nel centro di Roma, notai che ogni volta che la voce digitale diceva di girare a destra per la nostra destinazione, lui svoltava a sinistra. E viceversa. In poche parole faceva sempre il contrario di quello che gli raccomandava il navigatore. Dopo un po' gli chiesi il perchè del suo comportamento. E lui di rimando: “Assesso' ma io la strada la so, io conosco tutte le strade e i palazzi di Roma”. Ma allora perchè viaggiamo con il navigatore attivato? “Perchè li vedete a tutti questi che non sanno la strada? Hanno tutti il navigatore e a signurina (la voce sintetizzata) li manda tutti dalla stessa parte. Io lo sento e vado nella direzione opposta. Così loro restano tutti incasinati nel traffico, come i fessi, e noi sciuliamo come l'olio dentro Roma”.

Immaginate uno così davanti allo schema di montaggio di un mobile Ikea.


LA SCELTA DI COMPRARE DA IKEA


Ma se il napoletano è così distante mentalmente e culturalmente dal mobile Ikea come mai lo compra? E come mai Ikea Napoli è tra i mega store che fanno più incassi in Italia? (è anche quello che distribuisce più vitine e pezzi di ricambio perchè i napoletani fanno a testa propria). Ma perchè ha così successo a Napoli Ikea? La risposta è semplice. Non decide il Napoletano di comprare il mobile Ikea, ma la sua donna. Non ha importanza che sia moglie, amante, fidanzata, amica, sorella, mamma. La molla che scatta nel napoletano è la stessa. La donna decide e lui, per dimostrare la sua virilità, accetta e si porta a casa gli scatoloni che dovrà trasformare in mobili perfetti e tutti uguali. Quindi lui, il Napoletano, questa cosa la fa perchè “costretto”, altrimenti sarebbe andato felice al mobiliere sotto casa o dall'artigiano che vende sedie, tavoli, comodini, tutti imperfetti e disuguali. E quando un napoletano fa una cosa senza passione è certo che quella cosa viene una “schifezza”.


Ma che c'entra la virilità con il montaggio del mobile Ikea? C'entra, c'entra. Ed è anche possibile che dietro ci sia una sorta di vendetta generazionale, ma su questo ci devo studiare ancora. Facciamo qualche passo indietro. Ve lo ricordate il mito dell' uomo italiano sexy simbol per le svedesi? Non era una favola ma accadeva realmente che le Scandinave scendevano a frotte in riviera romagnola per una love story con un italiano. Un bagnino, un cameriere, un turista, basta che era italiano. E, in verità, lo stesso accadeva in tante altre località meta di turismo internazionale come Capri, Sorrento, Positano. Ma anche più popolarmente in provincia di Caserta dove esisteva un “Villaggio Svedese” a Baia Domizia (altro che frittatina di Patrizia), meta ambita delle conquiste internazionali di noi ragazzi in Vespa 50 Special o Boxer Piaggio.

Bene, ora il tempo è passato e i tempi sono cambiati, ma di quell'epoca resta il ricordo in chi l'ha vissuta e l'ammirazione tutta italiana in chi ne ha sentito parlare o ha visto qualche film in proposito. Ora ci hanno invaso commercialmente gli svedesi (uomini e donne perchè molte dirigenti e amministratori di Ikea sono donne brave e competenti).

E veniamo alla sfida di virilità che induce, suo malgrado, il napoletano ad acquistare il mobile Ikea e a cimentarsi nel suo montaggio.

In genere sceglie la donna (anche perchè dei due è quella più pratica e concreta e perchè almeno si risparmia sul costo del montaggio, visto che lui per la casa non fa nulla dalla mattina alla sera). E di fronte allo smarrimento mentale che gli suscita già a prima vista il manuale di istruzioni, lui, il povero napoletano, fa un timido accenno di protesta. Lei taglia corto: “Se lo svedese per la moglie lo sa fare e tu no, è più uomo lo svedese di te”. E l'allusione non è affatto casuale.

In discorso è chiuso. Sono in gioco decenni di corteggiamenti all'italiana, la Dolce Vita, la Milano da bere, i mocassini senza calzini bianchi, la dieta mediterranea, la Ferrari, Italia-Svezia alla finale del campionato del mondo. E chi più ne ha più ne metta. Il napoletano, con nella testa il martellante affronto, “O' svedese è meglio e me”. Si cimenta in quella prova che non avrebbe mai voluto affrontare, accetta il duello tra la ragione e la passione, il confronto tra la fantasia e l'organizzazione, va inerme allo scontro tra il si deve fare e il si può fare. In una parola inizia a montare il mobile Ikea.

Per queste ragioni alle periferie della maggiori città italiane sono sorti questi “scatoloni” enormi su cui campeggia la scritta a caratteri cubitali “Ikea”. Dentro quegli scatoloni ci sono migliaia di migliaia di altri scatoloni, miliardi di vitine, pezzettini di legno, miliardi di miliardi di chiavette di montaggio, E tutta questa galassia è lì come in una fabbrica dell'orrore. Entri, tutto sembra bello ed accogliente, segui un percorso obbligato dove mobili, letti, scrivanie, sedie, accessori, sono lì in carne ed ossa. Li vedi, li tocchi, li apri, sono belli, sembrano funzionali e, quando guardi il prezzo, costano pochissimo. La donna che ti sta affianco è entusiasta, la perdi di vista quasi subito, e la ritrovi con un fogliettino in mano ed una matita che segna codici e nomi, alcuni in un incomprensibile svedese. Tutto sommato la cosa sembra piacevole, si compra velocemente quello che serve, te lo portano a casa e risparmi pure. Seeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!

Dopo un paio d'ore in cui attraversi scaffali e contenitori zeppi di ogni sorta di aggeggi inutili, il percorso del paese delle fate finisce in un capannone con scatoloni marroni, impilati fino a 15 metri in altezza. La donna ti passa il fogliettino con i codici e tu, smarrito in quella selva di organizzazione che fa un baffo alla “selva oscura” dantesca, affronti la prima prova. Trovare lo scatolo E123 e poi quello H342 e poi quello K333 e poi e poi... Li devi mettere tutti su un carrello (se no come cacchio fai a portarli alla cassa che pesano un accidente). Ma il carrello lo hai dimenticato e dovresti uscire e rientrare e fare tutto il percorso perchè sono all'ingresso dell'Ikea. Ma tu sei napoletano e, per la prima volta, provi a fare fesso il signor Ikea. Meschino. Fai a ritroso il percorso contromano, fregandotene delle puntuali frecce di direzione disegnate a terra. Impieghi il doppio del tempo perchè hai la folla contro mano e, quando arrivi ai carrelli all'ingresso, ti accorgi che non li puoi prendere. Devi entrare dalla porta principale altrimenti il distributore dei carrelli non si apre. Quindi, di nuovo tutto il percorso in direzione giusta, uscita e rientro. E' la prima lezione, ma al momento non la comprendi: mai provare a disobbedire al signor Ikea. Lui dice e tu fai, sei nel suo mondo, te la farà pagare cara, anche se proverai a sostituire una vitina di due millimetri tra quelle che lui ti ha fornito per il montaggio. L'odissea è iniziata. Peggio del Grande Fratello, peggio del cubo di kubrick, peggio di qualsiasi puzzle con 10 milioni di tessere da comporre con i tuoi cinque figli. Sei nel mondo Ikea. Perdete ogni speranza voi che entrate, napoletani.

L'ACQUISTO E IL TRASPORTO


Il mondo Ikea è agli antipodi di Napoli. La genialità degli svedesi consiste proprio nell'aver pensato, ed esserci riusciti, a vendere mobili perfetti nel regno dell'imperfetto, dell'approssimato, della fantasia che supplisce a qualsiasi carenza e bisogno.

Tutto ha il suo punto gravitazionale nella concezione di famiglia, da cui discende il modo di concepire la casa, i suoi arredi, che poi sono funzionali alle tradizioni gastronomiche e sociali. Ma il napoletano ha la più grande capacità di adattamento al mondo. Deriva dalla necessità, dall'arte di arrangiarsi in cui il popolo napoletano è maestro. Ma poi, con il miglioramento delle condizioni sociali, l'arte di arrangiarsi è divenuta flessibilità sociale e ambientale. Per questo il napoletano può montare (schiattato nda' panz') un mobile Ikea e può anche vivere (quasi) felicemente in una casa arredata con mobili Ikea. Lo svedese non potrebbe farlo. Non potrebbe montare un mobile napoletano, non saprebbe mettere insieme pezzi tutti disuguali, creati da persone diverse in momenti diversi, usando qualsiasi tipo di vite e di colla gli capiti a tiro, e facendosi prestare giraviti a stella, pinze e tenaglie dal vicino di casa. Anche per questo Napoli è più distante da Stoccolma di quanto non lo sia Stoccolma da Napoli.