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Smart working nella Pa e pratiche lumaca

Per molti dipendenti pubblici lo smart working nella Pubblica amministrazione si è tradotto in una vacanza. Questa la critica rivolta da più parti al dipartimento della Funzione pubblica. «Lo smart working, per quanto riguarda il nostro settore, ha peggiorato il rapporto con la Pa. Non è automatico che con la digitalizzazione l’efficienza della pubblica amministrazione migliori. Nel nostro caso è peggiorata», ha spiegato per esempio il presidente dell’Ance, l’associazione nazionale costruttori edili, Gabriele Buia, in un convegno dedicato alle semplificazioni. E, infatti, dati alla mano, la "produzione" dei dipendenti pubblici è calata sensibilmente e rallentata enormemente. Questo vuol dire che se prima una pratica veniva evasa in una settimana, ora ci vuole un mese. I lavoratori pubblici in pantofole e pigiama a casa se potevano andar bene quando tutto era fermo, ora o cambiano passo, o devono tornare in ufficio. È come se si viene sorpresi da un violento acquazzone in aperta campagna. Nell'immediato qualsiasi cosa va bene per ripararsi. Ma se continua a piovere e si deve continuare a star li', dobbiamo costruire almeno una capanna. Così ora la Pubblica amministrazione deve regolamentare il lavoro da casa, se vuole farlo continuare senza danni per chi attende servizi. Il che vuol dire contrattazioni sindacali, paralizzanti e inutili polemiche politiche, interminabili discussioni sulla privacy etc. etc. Senza virus sarà tutto più complicato. E poi lo chiamano "smart warking" "lavoro agile": purtroppo quando usiamo un termine straniero per indicare un "andazzo" Italiano, c'è sempre puzza di bruciato.