
Stupri, violenze, vandalismi: i ragazzi vanno educati al web
L'orribile stupro di gruppo di Palermo, il danneggiamento di monumenti, o il caso di due imbecilli che si arrampicano sul Duomo di Milano, o ancora il bullismo via mediatico, i ricatti con foto e filmati, i selfie come unico must. Cosa hanno in comune tutti questi episodi che ci rilancia la cronaca? Se ci riflettiamo un attimo la risposta è semplice: il web e i social. Prendiamo il fatto più agghiacciante, lo stupro di una ragazza da parte di sette "amici" per strada a Palermo. Come è umanamente concepibile che giovani, anche minorenni, facciano cose del genere? E come è possibile che se ne compiacciano postando foto e filmati sui social? La risposta è una sola ed è pericolosissima: questi ragazzi sono convinti di vivere in una dimensione parallela dove tutto è consentito, dove digitando possono sembrare forti senza coltivare il rispetto della persona, meritevoli senza aver mai meritato, onniscienti senza aver mai aperto un libro e sudato per un'interrogazione.
Questo mondo virtuale, però, è strettamente legato (molto spesso solo per le negatività) a quello reale. Per cui il gioco sessuale virtuale che li rende pieni di like (ossia il video o le foto postate) si consuma nella realtà ai danni di una ragazza che subisce in contemporanea violenza sessuale da sette coetanei.
Di fronte a fatti del genere noi tutti ci indigniamo. E lo facciamo nella stessa dimensione parallela, ossia sui social e sul web. Ma questa volta, ossia quando la reazione è positiva, non c'è un trasferimento di azioni nel mondo reale. In poche parole loro coltivano l'odio e la violenza sui social e poi li trasferiscono nella realtà, noi esprimiamo ferma condanna e pie intenzioni sui social ma non le rendiamo concrete con interventi, soprattutto educativi, nel mondo reale. Per questo, se continua così, è una battaglia persa: la violenza, l'odio la mancanza di rispetto, la maleducazione nascono e si nutrono sui social e poi si trasferiscono nella realtà. L'indignazione e la reazione positiva avvengono su Instagram e Facebook e lì restano, perchè ognuno di noi non dà seguito alle parole e alle chiacchiere espresse sul web.
Ma cosa si può fare? Si potrebbe ad esempio educare i ragazzi al web con una materia di studio che fornisca loro, fin dalle scuole medie, informazioni sul mondo virtuale, sui pregi e difetti, sui rischi, con lezioni impartite da esperti. Occorre una scuola moderna per problemi nuovi e impellenti, invece la scuola attuale italiana, nonostante i suoi pregi, ha un pauroso vuoto educativo. Non si preoccupa di educare i giovani a gestire le emozioni, li lascia soli a confrontarsi con amore, odio, violenza in un mondo in cui basta un click e si trovano davanti a tutto l'orrore del mondo. Qualcuno deve ossia insegnare ai ragazzi, fin dalle medie, che lo smartphone, divenuto ormai un'estensione del loro corpo, non è una bacchetta magica che li trasporta nel mondo irreale in cui tutto è possibile, ma uno strumento le cui insidie e pericoli sono tanti e dannosi. Per i ragazzi e per chi gli sta intorno. Questa educazione al web, ormai si è visto, i genitori non riescono a garantirla. Forse perchè anche loro passano gran parte della giornata nella dimensione parallela dei social e non possono insegnare ai figli ciò che loro stessi non comprendono. Ci deve pensare la scuola, recuperando anni e anni di colpevole inerzia educativa in questo campo. Prima che anche la scuola diventi virtuale e, come tutte le cose con contenuto educativo, resti in quella parte di dimensione parallela che non produce effetti nella realtà.